L’Orlando di Dior disegnato da Maria Grazia Chiuri per la collezione Autunno-inverno 2025/26 è una creatura sofisticata e mutante, che appare in un paesaggio “lunare” disegnato dalla coreografia di luci e droni del regista Robert Wilson.
Per la direttrice creativa di Dior la moda è in trasformazione. E’ un ponte che consente il dialogo tra il ricco archivio della maison francese e un presente in continua evoluzione. Lo sfilata non si è limita a presentare la nuova collezione disegnata da Maria Grazia Chiuri ma è stata un vero e proprio show che si è svolto nel buio, con le sole luci della passerella quadrata illuminata da un perimetro bianco ottico. Attorno il pubblico. Le modelle avevano tre porte d’ingresso e di uscita, anch’esse illuminate dalle luci bianche. Sembravano quindi creature di altre epoche che apparivano dal nulla e che sparivano nell’ignoto delle porte. Robert Wilson ha immaginato uno spazio lunare popolato da rocce sospese, uccelli preistorici, crateri e persino iceberg. In quest’atmosfera è andato in scena un guardaroba mutante, che ha celebrato uno stile contemporaneo he partiva da elementi del passato.
Chiuri ha pensato all’Orlando di Virginia Woolf, la grande scrittrice che aveva uno stile del vestire considerato “maschile”, fatto di completi giacca e pantaloni. La sfilata Dior ha portato in passerella il suo personaggio più celebre, reso più femminile. Così sono andati in scena corsetti portati con camicie trasparenti e culotte, long dress ricamatissimi con gorgiere dorate al collo, pantaloni tagliati sul ginocchio come si portavano due secoli fa, camicie bianche con jabot svolazzanti. Ai piedi, mocassini flat, oppure scarpe da uomo con tacchi larghi, portate con calzettoni con ghette, o stivali tagliati sotto al ginocchio.
La collezione ha reso omaggio alla camicia bianca di Gianfranco Ferrè, l’architetto che di Dior che è stato direttore creativo di Dior. Ma anche alla T-shirt J’adore Dior di John Galliano, direttore creativo iconico nella storia del brand. In passerella vincono i contrasti tra la trasparenza di abiti e camicie in voile impalpabile color avorio e la pesantezza del feltro nero di cappotti e giacche strutturati che accompagnano però le curve del corpo. La palette cromatica gioca sui toni neutri, dal bianco al beige, dal nero al grigio, con note di oro e di nude. Per Chiuri gli abiti sono dei contenitori la cui funzione è quella di affermare codici culturali, estetici e sociali. Le temporalità sedimentano le creazioni in un gioco continuo di ispirazioni che accolgono l’impronta dei corpi e dei desideri moderni.
Ogni collezione è una costruzione, un progetto pieno di fantasia. Una presa di coscienza. Un invito usare la moda per essere se stessi. Gli abiti costituiscono quindi un repertorio di possibilità. Ecco perchè torna la camicia bianca – che per Maria Grazia Chiuri è l’elemento fondante di un outfit, liberata dagli stereotipi di genere – entra in dialogo con le forme di Gianfranco Ferré. L’armadio, simbolo di metamorfosi, svela i volant come colletto rimovibile a seconda dei desideri e lo spirito ricercato; un elemento fluttuante – che riecheggia la percezione che abbiamo di noi stessi – un evoluzione di Orlando, personaggio che viene
da un’epoca lontana. Come la drammaturgia visiva di Robert Wilson che coreografa i movimenti delle modelle, un mondo in trasformazione: la variazione dei colori, dal scuro al bianco, scandisce i cambi di scena. Tutto è restituzione di un riferimento così come i ricami ritagliati e applicati in contrasto con le giacche tecniche. Come le crinoline smaterializzate, i nastri di velluto nero, fissati da perle barocche, fissano la loro consistenza su gonne e vestiti. La trasparenza, sinonimo di leggerezza, completa le camicie che contrastano con il feltro nero opaco del cappotti iperstrutturati che seguono le curve del corpo. Le spalle si arrotondano per dare forma al silhouette, mentre le giacche maschili sono abbinate a bustier. Il frac è tornato con giochi di lucido/opaco, nero/bianco. Outfit tecnici e di utilità, come gli impermeabili, scandiscono una quotidianità che ci riporta al cuore della nostra storia. Esplorare le storie che attraversano la moda e le sue digressioni ci permette di celebrare una femminilità che si proietta nei sogni di futuri possibili mescolando evocazioni di un passato sempre più vicino.
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