Versace, debutto fluido e street per Dario Vitale

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La collezione Versace per la Primavera/Estate 2026 disegnata da Dario Vitale, nuovo direttore creativo della maison acquisita dal Gruppo Prada, è stata svelata con una vera sfilata – non con un film come ha preferito Demna Gasvalia da Gucci deludendo le attese dei buyers – che si è svolta all’interno della Pinacoteca Ambrosiana, tra opere d’arte del Caravaggio e di Tiziano, ma vestita come una residenza privata che ospita una cena intima.
Dario Vitale confessa infatti di aver cercato di conoscere meglio lo spirito di Gianni Versace leggendo le cose che scriveva, lettere e fax. Ma l’ispirazione di quella che almeno nelle intenzioni non voleva essere una vera e propria sfilata, ma una presentazione intima in spazi già abitati, affida i suoi sentimenti e le sue parole a una lettera di John Keats a Fanny Brawne: “Scriverti è già rischiare troppo, eppure non posso farne a meno. Le parole sono inutili, ma in tua assenza non ho altro”.
Quelle lettere di Keats alla sua amata, uscirono per la prima volta nel 1878 e scandalizzarono la composta società vittoriana per via dello scomposto furore d’amore che contenevano. Il poeta si lasciava andare a una sensualità che non si preoccupava di celare e non faceva mistero delle sue violente gelosie. Tanto lui era riservato, timido, tutto votato alla poesia e malaticcio, tanto Fanny era vitale ed espansiva e non disdegnava mondanità, balli e conversazioni brillanti. Di questa relazione tenuta segreta per 60 anni conosciamo solo la voce di lui perché le lettere che Fanny gli spedì furono bruciate dagli amici di Keats su richiesta del poeta. Fanny Brawne invece le conservò per tutta la vita tenendo per sé quell’amore mai compiuto e rivelandolo solo ai figli, in punto di morte, mai al marito che sposò 12 anni dopo la morte del poeta per cui aveva portato il lutto come una moglie. Quando lui morì a Roma il 23 Febbraio 1821 dopo lunga agonia, dovuta alla tubercolosi che aveva già stroncato metà della sua famiglia, a lei non rimane null’altro che una promessa, l’anello che le aveva regalato e da cui non si separò mai e le sue lettere.
Ma la collezione disegnata da Vitale sembra andare in contrasto con tutto questo: i suoi capi abbattono i generi preferendo uno stile fluido, che viene abbondonato soltanto in poche occasioni, per abiti fascianti e iperfemminil, oppure scollati e decorati con ori e maglia metallica. L’originario spirito rock della maison viene sostitiuto  a un’anima street. Vitale ha guardato a un Versace prima maniera, agli anni Ottanta, dissacranti e provocatori, ma ha preferito usare capi di uso quotidiano: pantaloni capresi, T-shirt, bomber, shorts, jeans, giacche in pelle, pezzi portatori di una sensualità meno provocante, meno Versace, anche se talvolta ha lasciato aperture sul corpo che lasciavano vedere squarci di pelle nuda e gambe completamente in mostra con culotte portate sotto al bluson.

Come accessori, Vitale, che viene da Miu Miu, ha puntato alle borse. Alcuni modelli erano classici in pelle marrone, molto bon ton. Uno stile che contrastava con il contesto, provocatoriamente fluido.

Ad assistere all’esordio dello stilista, un ricco parterre, dove si notava l’assenza della ex direttrice della maison Donatella Versace. Erano presenti invece, tra gli altri, Amber Valletta, Andrea Modica, Annie, Augustin Della Corte, Bianca Jagger, Binx Walton, Boychild, Camille Vivier, Cat Barbieri, Chang Huasen, Chanmina, Dara Allen, Ding Yuxi, Edward Buchanan, Elodie, Olly “Ponyboy” Elyte, Romeo Beckham.

(Riproduzione riservata)

 

 

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