Quella di Dior Uomo è stata la sfilata più attesa della settimana della moda maschile parigina. E nei giorni che l’hanno preceduta il nuovo direttore creativo di Dior, Jonathan Anderson, ha diffuso indizi sui social media sui contenuti della sua prima collezione per la leggendaria maison francese. In una versione virtuale di Hansel e Gretel, il quarantenne nordirlandese ha stuzzicato gli appetiti con piccole anticipazioni di ciò che sarebbe arrivato in passerella nel Musée Rodin. I suoi indizi sono cominciati con la pubblicazione delle fotografie di Andy Warhol che ritraggono la socialite americana Lee Radziwill – sorella di Jackie Kennedy – e l’artista Jean-Michel Basquiat. Entrambi newyorkesi sono “per me l’epitome dello stile”, ha detto Anderson. Sebbene la serie di post sia iniziata nella Grande Mela, sembrava concludersi alla Reggia di Versailles, fuori Parigi, in particolare nel grazioso villaggio che Maria Antonietta aveva fatto costruire nel parco per potersi giocare a fare la contadina. C’erano anche foto di un orologio dorato nella Camera da Letto della Regina, un anello Dior incastonato in uno dei meli del villaggio e un metro a nastro brillantemente spiritoso a forma di lumaca appollaiato su una foglia. Anderson, amante della letteratura, sembra anche essere tornato in patria per trovare ispirazione, con tre nuove versioni delle borse Book Tote del marchio. La prima presenta la scritta “Dracula” in lettere rosso sangue, un omaggio allo scrittore dublinese Bram Stoker, mentre la borsa “Les Liaisons Dangereuses” rende omaggio al romanziere francese Pierre Choderlos de Laclos.
L’arrivo di Anderson da Dior era stato segnalato per mesi, dopo aver rilanciato la griffe spagnola Loewe, anch’essa di proprietà del colosso francese del lusso LVMH. Poche settimane dopo la sua nomina a capo di Dior Homme, è stato anche nominato direttore creativo delle collezioni donna e haute couture di Dior. L’ultima persona ad avere così tanta libertà d’azione in seno al marchio è stato il suo fondatore Christian Dior. Con i profitti del settore del lusso in calo, la nomina di Anderson rappresenta un tentativo di rinnovare la maison dopo nove anni sotto la guida dell’italiana Maria Grazia Chiuri. Anderson, figlio dell’ex capitano irlandese di rugby Willie Anderson, si è formato alla London School of Fashion dopo aver iniziato a lavorare in un grande magazzino di Dublino. La sua prima grande occasione è stata un impiego nel reparto marketing di Prada, prima di lanciare il suo marchio, JW Anderson, nel 2008.
La sala dove sfila la collezione è ispirata agli interni vellutati della Gemäldegalerie di Berlino. Alle pareti sono appesi due dipinti di Jean Siméon Chardin (1699-1779) pittore francese del XVIII secolo. Due dipinti appositamente prestati dal Louvre e dalle National Galleries of Scotland.
Gli abiti parlano di “gioia nell’arte del vestire”, intriso di un nuovo romanticismo: un incontro spontaneo tra ieri e oggi, tra vestigia del passato, pezzi riscoperti negli archivi, codici classici di distinzione sociale e abiti che hanno resistito alla prova del tempo. Una ricostruzione di abiti formali, tra cui tweed Donegal e cravatte regimental, a partire dalla giacca Bar, dal frac e dai gilet del XVIII e XIX secolo, fedelmente riprodotti. Rose, piccoli ricami e ciondoli in stile rocaille Diorette, perché Monsieur Dior era innamorato di quest’epoca, così come della cultura britannica.
Apre una giacca bar in tweed verde bosco con revers di velluto, portata su bermuda a sfoglie che sembrano una gonna. Ai piedi calzini sportivi e sandali. Al collo un colletto con papillon. Gli abiti Delft, Caprice e La Cigale vengono reinterpretati, aggiornati e ricontestualizzati. La Dior Book Tote è impreziosita da copertine di libri, tra cui quelle delle edizioni Saints Pères, di “Les Fleurs du Mal” di Charles Baudelaire e di “A sangue freddo” di Truman Capote, mentre la Lady Dior è rivisitata dall’artista Sheila Hicks, avvolta in un nido di code di cavallo in puro lino. Sfilano mantelle da principe e gilet con alamari, magie color menta e pantaloni morbidi. Quella di Anderson è un’esplorazione dell’indefinibile: lo stile, un modo di creare un’immagine, vestirsi per incarnare un personaggio, giocando con gli abiti e con l’idea di aristocrazia.
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