Addio a Giorgio Armani. Il 4 settembre 2025, al rientro dalle vacanze estive, mentre il fashion system è proiettato sulle imminenti sfilate di Milano Moda Donna, il Re dello stile minimalista, l’inventore dell’eleganza contemporanea, ammirato e osannato dal pubblico, dalla stampa, dalle celebrities, ci ha lasciati per sempre. Aveva la veneranda età di 91 anni, ma è stato sempre, per tutta la sua carriera, il più importante portabandiera dell’eleganza italiana nel mondo. La sua moda rigorosa e al passo con i tempi lascia un segno indelebile. La sua scomparsa genera un vuoto incolmabile. L’azienda è solida e continuerà a vivere, ma senza di lui, che ha lasciato una fondazione che porta il suo nome, un impero valutato 13 miliardi di euro alla famiglia e a qualche manager, ma nessun erede stilistico. La Giorgio Armani ha cinquant’anni di storia. Il suo fondatore ha sempre fatto del rigore e della serietà il proprio segno distintivo. L’azienda è il riflesso di questi sui principi morali. La famiglia e i dipendenti porteranno avanti il Gruppo nel rispetto e nella continuità dei suoi valori.
“In questa azienda – scrivono i dipendenti e la famiglia nel dare la notizia della scomparsa dello stilista – ci siamo sempre sentiti parte di una famiglia. Oggi, con profonda commozione, sentiamo il vuoto che lascia chi questa famiglia l’ha fondata e fatta crescere con visione, passione e dedizione. Ma è proprio nel suo spirito che insieme, noi dipendenti e i familiari che sempre hanno lavorato al fianco del signor Armani, ci impegniamo a proteggere ciò che ha costruito e a portare avanti la sua azienda nella sua memoria, con rispetto, responsabilità e amore”.
Sono in molti a ricordare Re Giorgio, rendendo un tributo dovuto alla sua memoria.
“Piangiamo qualcuno che abbiamo sempre considerato un amico.. mai un rivale.
Lo conosciamo da più di 50 anni – da Mare Moda a Capri, dove sfilavamo insieme, a tanti momenti di moda in comune. Non possiamo che inchinarci al suo immenso talento, ai cambiamenti che ha portato nel nostro lavoro, e soprattutto alla sua costante fedeltà a un solo stile, il suo” scrivono Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti.
“Caro Giorgio- ricorda Santo Versace – la notizia della tua scomparsa mi ha lasciato senza parole. Non molto tempo fa ci siamo riabbracciati e detti il bene che ci volevamo. Quando penso a te non penso alla rivalità che i giornalisti amavano tanto enfatizzare ma al profondo rispetto che ci ha sempre legato e che non è mai venuto meno. Penso ai primi anni Ottanta, quando insieme stavamo ridefinendo ciò che significava essere italiani nel mondo. Eravamo giovani, pieni di sogni e di quella sana follia che solo chi crea può comprendere. Ricordo le nostre sfilate e i nostri confronti sullo stile e le collezioni. Tu con la tua eleganza essenziale, Gianni con il suo genio esuberante, io con la mia dedizione per i numeri. Tre visioni diverse, ma unite dallo stesso amore per la bellezza e per l’Italia. Non posso dimenticare la tua presenza, con quel tuo fare riservato ma profondamente sincero, quando Gianni se ne è andato. Ora che anche tu hai intrapreso questo viaggio senza ritorno, chi ricorderà con me quel mondo in cui tutto era possibile? La moda perde uno dei suoi pilastri, ma io perdo un pezzo della mia storia, della nostra storia. Le tue collezioni non sono semplici vestiti ma poesie silenziose che parlano di potere discreto, di eleganza interiore, di bellezza senza tempo. Insieme a Gianni, avete creato un dialogo perfetto tra esuberanza e minimalismo che ha definito un’epoca. Ora vi ritrovate, tu e il mio amato fratello, lassù. Immagino già le vostre discussioni appassionate su quale sia il tessuto più adatto per le nuvole o il colore perfetto per un tramonto paradisiaco. Alla tua famiglia, a tutti coloro che hanno camminato al tuo fianco, porgo il mio abbraccio più stretto. Il tuo ricordo vivrà per sempre non solo attraverso i tuoi capolavori, ma attraverso l’affetto indelebile che hai lasciato in chi, come me, ha avuto il privilegio di condividere con te questa straordinaria avventura. Addio, caro Giorgio. Dì a Gianni che mi manca terribilmente. Con il cuore spezzato ma pieno di gratitudine per averti conosciuto, Santo Versace”.
“Giorgio Armani ha insegnato al mondo l’eleganza del Made In Italy. Con la sua visione ha contribuito a definire un vocabolario femminile e maschile moderno ed emancipato. Il suo contributo alla moda italiana, la sua visione e la sua integrità resteranno per sempre una guida” aggiunge Maria Grazia Chiuri.
“Giorgio Armani ha plasmato la moda contemporanea – ricorda Carlo Capasa presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana- ridefinendone i confini e creando un concetto di lifestyle riconosciuto e ammirato in tutto il mondo, affermando anche il Made in Italy come sinonimo di eccellenza. Tra i fondatori della Milano Fashion Week, ha contribuito con visione e generosità alla crescita del sistema della moda e dei suoi valori, con profonda attenzione e partecipazione ai grandi accadimenti della contemporaneità e le urgenti questioni sociali. Ha sostenuto i giovani designer, le manifestazioni culturali nella città di Milano e nel mondo, la commistione tra le espressioni artistiche. La sua storia rappresenta una fonte di ispirazione per tutti noi”.
“La vita è un film e i miei capi di abbigliamento sono i costumi”. Una frase pronunciata nel docu-film “Made in Milan”, per la regia di Martin Scorsese, che la dice lunga sul legame tra Giorgio Armani e il cinema. Un rapporto stretto come quello con la moda, la cui nascita risale al 1978, a pochi anni di distanza dalla creazione del marchio, avvenuta nel 1975.
Il via lo diede Diane Keaton, che salì sul palco degli Oscar per ritirare il premio come Miglior Attrice Protagonista del film “Io e Annie”, con la regia di Woody Allen, indossando un tailleur Armani con gonna plissettata, camicia bianca e giacca “destrutturata”, ovvero priva di fodere e imbottiture nelle spalle, nella tonalità grigio-beige inventata da Re Giorgio, il “greige”, si dirà anni più tardi, un colore tra il tortora e l’argilla.
L’impero Armani era agli albori. Diane Keaton non era un’ambasciatrice della maison, come si usa scrivere adesso quando le attrici si lasciano fotografare agli eventi con abiti firmati. La diva preferita di Allen era entrata per caso in una sua boutique e aveva scelto alcuni capi da indossare per partecipare agli Oscar.
Giorgio Armani voleva vestire le donne che lavorano, diceva lui agli inizi. Tant’è che i sui tailleur e le sue giacche divennero le divise delle donne manager. Ma il cinema continuava ad andare da Armani e lui si lasciava corteggiare. Il legame con il grande schermo si strinse definitivamente nel 1979, un anno dopo aver vestito Diane Keaton per l’Oscar, nel 1979. Armani venne raggiunto a Milano dal regista Paul Schrader e da John Travolta, che inizialmente doveva interpretare il ruolo di Julian Kay, nel film American Gigolò. Volevano far indossare al protagonista abiti di Armani e lui mostrò i bozzetti della collezione primaverile su cui stava lavorando. Schrader li apprezzò immediatamente. Ma John Travolta rifiutò la parte che venne accettata da Richard Gere. Fu un successo mondiale che proiettò Gere nell’Olimpo di Hollywood come sex symbol maschile. La scena indimenticabile del cult movie è proprio quella dove Gere apre il suo armadio per scegliere il completo giusto per il suo incontro galante, abbinando completi di Armani fatti con giacche morbide color grigio, sabbia o greige, pantaloni dal taglio perfetto, camicie celesti, bianco avorio e gialline. Il tutto coordinato a cravatte tono su tono. In seguito Armani ha vestito divi come Robert De Niro, Leonardo Di Caprio, Tom Cruise, Kevin Costner, Sean Penn.
L’amore per lo stile Armani da parte delle celebrities è da attribuire soprattutto alla pulizia delle forme della sua moda, alla essenzialità dei sui capi, mai eccessivi o vistosi, al suo saper dosare ricami e orpelli. “L’eleganza è nello sguardo amava ripetere a chi gli chiedeva il significato di questa parola. “C’è sempre qualcosa da togliere” mormorava Giorgio Armani nei back-stage delle sue sfilate a Milano o a Parigi con la linea Privè, mentre fino all’ultimo secondo, instancabilmente, sistemava l’orlo di una gonna, il rever di una giacca, o toglieva un decoro di troppo su un long dress. Il suo motto per la moda femminile era “less is better”, da “less is more”, tradotto “meno è meglio”. Il minimalismo di Armani era questo, una guerra personale all’eccesso, anche nella creazione di arredi per a casa, sempre riconoscibili attraverso la pulizia delle forme. Con il suo stile essenziale Armani reinventò il casual, a cui diede spazio con la linee Emporio, A/X Armani Exchange e con la linea sportiva EA7. E fu anche per questo che il mondo del cinema e dello sport lo hanno amato tanto.
Il suo legame con il cinema divenne più stretto nel 1988, dopo l’apertura della sua boutique nell’iconica Rodeo Drive di Los Angeles. Negli stessi anni cominciò a collaborare con le celebrities per gli eventi del cinema. Nel 1990 Julia Roberts ricevette il Golden Globe come Miglior Attrice Non Protagonista in Fiori d’Acciaio (1990) in un completo minimalista grigio Armani, con tanto di tta. L’anno seguente premiata per il film Pretty Woman, posò in giacca doppiopetto gessata, lunga fino a coprire la gonna. Più volte Armani ha disegnato i costumi dei film di Martin Scorsese, da Quei Bravi Ragazzi (1990) a The Wolf of Wall Street (2014). Hanno vestito Armani Tom Cruise, George Clooney, Leonardo Di Caprio. Armani ha disegnato oltre 500 costumi per il cinema e in oltre 250 film si può rintracciare la sua firma per gli abiti di scena.
Come non ricordare poi le sue modelle preferite. Tra le prime Antonia Dell’Atte, lanciata dallo stilista negli anni Ottanta. “Aveva mandato una mia foto ad Armani con i capelli lunghi e lui mi aveva scartata” rivela ad Anna Falchi nel 2020 in un’ intervista televisiva del programma di Rai1 “C’è tempo per… “Poi un parrucchiere di Milano mi ha tagliato i capelli corti. Armani mi ha incontrata in un ristorante e mi ha presa subito a sfilare per lui”. Come volti delle sue campagne, ricordiamo quelli della modella transgender Valentina Sampaio, dell’attrice Sydney Sweeney, di Cate Blanchett, arruolata per pubblicizzare il suo profumo “Si” . Di Naomi Scott e di Tessa Thompson per Armani Beauty e di Victoria De Angelis (Maneskin) per l’underwear. Anche l’attrice americana Megan Fox è stata il volto delle campagne di intimo di Armani. La modella ungherese Barbara Palvin ha posato per diverse sue campagne, come la top model portoghese Sara Sampaio, la supermodella italiana Giorgia Palmas e la top olandese Rianne Van Rompaey. Anche tra i suoi testimonial maschili ci sono nomi importanti: l’ex calciatore inglese David Beckham è stato il volto e il corpo delle campagne di intimo di Armani. Regé-Jean Page (Bridgerton), è stato il volto delle campagne di Armani Code. L’attore cantante cinese Jackson Yee è uno dei nuovi ambasciatori Armani, così come Ryan Reynolds, scelto per dare volto al profumo “Armani Code”.
Con alcune dive che ha vestito nel cinema, Re Giorgio stabilì lunghe e affettuose amicizie com’è avvenuto con Sophia Loren. “Ho perso un fratello” scrive oggi la diva. “La nostra amicizia dura da decenni – aveva rivelato nel 2024 dando gli auguri allo stilista per i suoi 90 anni- ma il mio amore e affetto rendono i nostri momenti insieme senza tempo”. La diva è spesso stata madrina delle suoi eventi, come nell’Arsenale di Venezia, dov’è andato in scena il fashion show One Night Only: alla corte di “Re Giorgio”. In quell’occasione erano presenti celebrities amiche come Jessica Chastain, Caterina Murino, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, Luca Guadagnino, Luca Argentero, Claudia Gerini, Margherita Buy, Eva Riccobono, Raoul Bova.
Era un legame profondo anche quello con Claudia Cardinale. Armani è stato al fianco dell’attrice anche nel 2008, quando entrambi hanno ricevuto la Legion d’Onore francese.
Vogliamo chiudere questo racconto ricordando l’ultimo gesto compiuto da Giorgio Armani, l’ultimo suo sogno che voleva vedere realizzato: quello di vedere tornare a splendere, dopo averne rilevato la proprietà, La Capannina di Forte dei Marmi, locale iconico degli anni Sessanta, dove conobbe il suo compianto compagno divenuto in seguito il suo socio, Sergio Galeotti, scomparso nel 1985, dieci anni dopo aver fondato l’azienda Armani.
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