L’agenda della giardiniera 2026, tema dell’anno, i cappelli

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Sotto le falde dei loro cappelli giardiniere e natura si raccontano. L’agenda della giardiniera sfodera 365 giorni tra le trame leggere di botanica, storia, curiosità, costume e l’ornamento di 24 rose. L’Agenda della Giardiniera è pronta ad accompagnare l’anno delle giardiniere italiane e di coloro che hanno a cuore il tema della natura, in un percorso d’ispirazione e creatività che va oltre il giardinaggio e che celebra la bellezza come valore indispensabile nel vivere di tutti i giorni.
Nella sua consueta veste grafica raffinata e nel suo formato maneggevole, L’Agenda della Giardiniera a cura di Nicoletta Campanella e pubblicata da Nicla Edizioni resta un prodotto editoriale unico. È un ricco libro da leggere e un utile diario del giorno da scrivere per chi la fa sua.
Tema dell’anno, i cappelli. Il cappello della giardiniera in tutte le sue espressioni: dal cappellaccio da lavoro al basco di feltro quando fa freddo, dalla cloche alla romantica paglietta con i fiori. Di fatto, una passeggiata nella storia del cappello che Nicoletta Campanella, raffinata osservatrice e storica del costume, compone in un lungo racconto fatto di aneddoti e dettagli di stile, di biografie su inedite giardiniere del passato e di antichi mestieri femminili.
E allora ad avere il cappello in testa è la contessa Mary Gayley Senni, fondatrice del Roseto comunale di Roma, nonché acclamata “Signora dell’Iris” nella storia dell’orticoltura italiana. Ma anche Matilde Serao, che si firmava con lo pseudonimo “Gibus” e portava un particolare cappello francese a cilindro. Grazia Deledda, da autentica sarda, indossava per copricapo il tradizionale scialle moncadòre. Segue, un’affascinante galleria fotografica che ritrae le signore del giardinaggio italiano, di ieri e di oggi, con i loro cappellini, ora da giardino ora da ricevimento.

Dal manufatto alla natura, e allora si rintracciano le antiche origini dello “chapeaux de paille d’Italie” così lo acclamavano i francesi, ovvero il famosissimo Cappello di Paglia di Firenze. Il primo inimitabile capo d’abbigliamento made in Italy, indossato da regine e principesse e non solo da loro, in tutto il mondo, sempre in auge dal Settecento ancora oggi prodotto ed esportato.
A creare allora quei capelli erano le artigiane della paglia, le magnifiche trecciaiole della Piana Fiorentina. Il loro lavoro ha rappresentato il primo passo per l’emancipazione femminile, così come è stato per le tabacchine e per le mondine i cui cappelli ne raccontano la storia.
Come nello stile della Nicla la narrazione del passato fa da perno al presente e, quindi, le pagine dell’Agenda offrono spunti per visitare nuovi giardini, come quello di Villa Le Barone nel Chianti e sempre del Chianti ci aggiornano sulle novità di Castel Ruggero. Qui, la dinastia delle giardiniere d’Afflitto, la nonna Pascale e la mamma Margaux, si è arricchita di una piccola new entry, Sophie di poco più di tre anni, ma tutti vissuti tra i fiori del giardino e i frutti dell’orto. Sono gli agronomi Elena Macellari e Mario Ronzano a suggerirci interessanti itinerari botanici, lei sull’Alpe della Luna e lui sui Colli Euganei, e a farci scoprire che anche la natura è piena di cappelli.
Fedele al core tematico della casa editrice, le rose, Rita Oliva, collezionista e studiosa del genere, anche quest’anno ce ne presenta 24, scelte e descritte in punta di penna.
Le sontuose Centifolia, le rose dai 100 petali. I loro fiori grandi, dai petali arricciati, accartocciati, imbricati, revoluti, che attraversano ogni sfumatura di rosa, a volte intriso di ciclamino o addirittura di porpora, sono nuvole di lievità e trasparenza. Nate in Olanda, naturalizzate in Francia, divennero modelle predilette per i pittori di fiori fiamminghi. Inaugura la serie, la muscosa “Chapeau de Napoléon”. la cui forma ricorda l’iconico tricorno indossato dall’Imperatore. E poi la Bullata, con un fiore esageratamente grande, stradoppio, a forma di cavolo, con le foglie venate che sembrano di stoffa. E ancora, Le Rire Niais, la risata sciocca, detta anche Centifolia ingrata perché, contrariamente ai profumi squisiti di tutte le altre, il suo odore ricorda vagamente quello della cimice orientale. Tutte comunque da mettere senz’altro nell’elenco dei “da procurare”.

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